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Quotidiano Libertà 30-01-1994

Splende di nuovo la «Gloria di S. Giovanni»

Inaugurati ieri pomeriggio gli affreschi della basilica restaurati con il contributo della Banca di Piacenza.
L’opera occupa l’intera volta del presbiterio, risale. al primo Settecento . Il fumo delle candele e la polvere l'avevano resa «illeggibile» - Sottolineato il valore dell’operazione - L’importanza dell’intervento del privati nella conservazione del patrimonio artistico - Necessari altri lavori

Ore 16, basilica di San Giovanni in Canale: lezione d'arte e di restauro.
In cattedra, o meglio all'ambone il prof. Ferdinando Arisi, la dottoressa Paola Ceschi Lavagetto e la restauratrice Lucia Bravi.
Predisposti anche sussidi didattici rappresentati da una pubblicazione della prof. Natalia Bianchini e da un video della Foto Lunini. Sui banchi le maggiori autorità cittadine ed un folto gruppo di appassionati d'arte.

Parliamo della presentazione al pubblico dei restauri degli affreschi della volta del presbiterio della chiesa di viale Beverora realizzati con il contributo della Banca di Piacenza.
Si tratta di un 'opera dell'inizio del Settecento notevole per sé stessa, ma anche significati va per il contesto culturale entro il quale è nata in un tempo particolarmente vivace della cultura piacentina, soprattutto per la pittura.
Inoltre l'affresco é legato a tutti gli altri dell'area presbiteriale di questa chiesa che ora é parrocchia, ma che nel passato, quando era retta dai Domenicani, ha avuto un ruolo importante nella nostra diocesi come punto di riferimento per l'attività dei frati predicatori titolari del tribunale dell' inquisizione e noti per la disponibilità ad ospitare i grandi quaresimalisti che hanno fatto sosta a Piacenza nei secoli passati.
Questo spiega il perché una cerimonia, seppure importante come quella di ieri, di fatto si é trasformata in un'autentica lezione d'arte.
In breve la scheda di quest'opera.
Come abbiamo già ricordato si tratta di un grande affresco che riporta la «Gloria di San Giovanni Battista» di Sebastiano Galeotti chiusa entro una complessa quadratura firmata da Francesco Natali.
Per la stesura dell'affresco gli autori hanno messo mano ai pennelli nell'autunno del 1721 ed hanno concluso la loro fatica nel 1733.

Un tempo si conosceva soltanto la seconda data, ora le ricerche d'archivio della Bianchini, che ha in preparazione un libro sulla chiesa, hanno permesso di completare la documentazione.
Gli autori Sebastiano Galeotti (Firenze 1676-Mondovi 741), uno dei più vivaci pittori di figura del settecento, negli ultimi anni della sua vita fu attivo, oltre che nel ducato parmense e a Genova, anche a Pontremoli e in Piemonte, per i Savoia.
Diverse le opere piacentine.

Francesco Natali (Cremona 1669 Pontremoli 1735), detto il Piacentino perché a Piacenza esplicò a lungo la sua attività, lavorò anche nel transetto destro della chiesa delle Teresiane, nelle sagrestie di San Giorgino e di San Dalmazio, nel palazzo Scotti da Vigoleno, nel Palazzo Bertamini Lucca a Fiorenzuola in collaborazione, per le figure, oltre che con il Galeotti, anche con Bartolomeo Rusca.
Il ciclo comprende anche altre due «storie »: la Santissima Trinità o esaltazione della Croce sopra il coro e la «gloria» di San Domenico nel catino absidale. Queste sono ancora da restaurare.
Veniamo alla cronaca di ieri. Ha introdotto l'incontro il prevosto di San Giovanni in Canale don Cesare Ceruti.
«Restaurare un affresco in una chiesa - ha sottolineato il sacerdote - non é solo tirar fuori dal grigiore colori e figure che un giorno un artista ha espresso come fiori tura della sua genialità.
E' qualcosa in più. E' offrire a noi la possibilità di rileggere oltre che l'animo dell 'artista, l 'animo della gente, la sensibilità di fede di un popolo, la cat echesi che, attraverso le immagini, i nostri padri offrivano ai fedeli del loro tempo: un vangelo che tutti potevano leggere».
In sintonia, con questa impostazione il prof. Arisi ha riportato il folto uditorio ai primi del Settecento, quando l'opera é stata concepita dal Galeotti e dal Natali. Un Arisi commosso in quanto, nonostante un legame che dura da 45 anni,
per la prima volta ha parlato nella chiesa della sua parrocchia.
Lo studioso ha illustrato l'opera: i domenicani, all'inizio degli Anni Venti del XVIII secolo hanno voluto abbellire la loro grande chiesabpiacentina ed hanno concepito un ciclo pittorico che vede nella volta sopra l'altare la «Gloria di San Giovanni il Battista».
Un angelo, brandendo una croce come fosse una spada, sembra voler impedire l'ingressobin Paradiso, quasi a ricordare che senza la prova della croce non é possibile la salvezza. Quello della croce é il tema della seconda volta che si completa poi con la gloria di San Domenico nel catino absidale.
Arisi non ha mancato di far ricorso al suo fine umorismo: i frati predicatori hanno riservato il posto d'onore al titolare della chiesa, San Giovanni, ed hanno attribuito l'ultimo al loro fondatore, San Domemico, ma di fatto, per chi entra in chiesa, la parte immediatamente visibile é proprio quell'ultimo posto rappresentato dal catino dell'abside.
Il prof. Arisi ha poi inserito l’opera nel contesto culturale del tempo, generale e locale. Genera le: nel Settecento domina la quadratura, cioè l 'architettura dipinta che rispondeva all'esigenza della gente del tempo di aprire, anche con espedienti illusori, le volte dei templi verso l'alto, quasi fossero animati da una voglia di cielo. Per quanto riguarda Piacenza in questi decenni vi é, in campo artistico.
Un autentico fervore che porta a molte realizzazioni e  soprattutto all'intervento, nel nostro ambiente, di artisti «stranieri» particolarmente qualificati: dal Ricci al Bibbiena, dal Piolaallo Spolverini. Da tener presente che poco prima del 1721 erano scomparsi due importanti pittori, De Longe e Draghi, quindi si erano aperte nuove possibilità.
La dottoressa Paola Ceschi Lavagetto che é intervenuta anche a nome del collega della Soprintendenza ai beni architettonici, architetto Luciano Serchia, come studiosa si é soffermata sui valori stilistici di Sebastiano Galeotti di cui apprezza in particolare il tocco leggero, aereo, la capacità di affrontare con toni che richiamano il rococo tematiche religiose impegnative come quelle di San Giovanni in Canale.
Come esponente della Soprintendenza la Lavagetto si é poi soffermata sul rapporto tra Stato e privati nel complesso problema della conservazione del patrimonio artistico.
La legislazione é purtroppo arcaica. La normativa generale risale agli Anni Trenta, ma recentemente é venuta in soccorso la legge 512 che permette le sponsorizzazioni.
Questa ha fatto si che nuove energie fossero indirizzate a questo problema che a Piacenza ha aspetti rilevanti: si pensi che in diocesi ci sono ben mille chiese e molte di queste contengono opere degne di essere conservate, soprattutto con
la nuova mentalità che non rincorre il capolavoro, ma ha una visione più globale del ruolo di un 'opera d'arte.
Le nuove norme, al di là dei contributi reperiti , ha avuto però conseguenze ancora più importanti sul piano culturale.
E' cioè intervenuta sulla sensibilizzazione dei cittadini verso il problema della conservazione del patrimonio artistico.
L'in contro é stato concluso da un momento tecnico con l'intervento
della restauratrice Lucia Bravi: l'affresco era stato manomesso con ripitture (una del 1826), era stato aggredito dal fumo e dalla polvere mentre in diverse parti l'intonaco si stava staccando. La cura dopo la diagnosi con l'apporto della Soprintendenza , é consistita nel consolidamento del supporto, nell'individuazione delle ripitture e nel restauro vero e proprio. Il tutto ha comportato un lavoro di otto lunghi mesi.
Fausto Fiorentini

fonte: Quotidiano Libertà del 30-01-1994

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